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Considerazioni sui nidi

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Allevo psittacidi da molti anni ed ho riprodotto diverse specie, quello che ho appreso negli anni sono alcune considerazioni riguardo i nidi per pappagalli che volevo condividere.

Per prima cosa quello andremo a trattare, non è tanto come costruirli, ma quello che penso sia importante tenere presente per far si che un nido sia accettato dai nostri pappagalli.

Possiamo distinguere i pappagalli in due grandi categorie per capire di cosa necessitano.

Ci sono i pappagalli di foresta e i pappagalli del deserto, rispettivamente di zone umide e ambienti aridi, queste due caratteristiche possono differenziare sia la costruzione, che il tipo di materiali da usare.

In migliaia di anni di evoluzione, le specie che abitano la foresta pluviale, si sono adattate a questo ambiente caratterizzato da caldo afoso e dalla pioggia che cade praticamente ogni giorno, anche il nido dunque deve essere in grado di mantenere calore e umidità, gli alberi marcescenti che caratterizzano la maggior parte dei siti di nidificazione sono costituiti da uno strato di legno molto alto sul fondo, che evaporando di continuo, trasmette l’umidità necessaria alla schiusa, questa particolarità bisogna mantenerla se vogliamo che la schiusa sia garantita, il nido sarà in questo caso con pareti di spessore grosso almeno 2 cm, anche le forme ad L sono più adatte a trattenere l’umidità in quanto il foro d’ingresso essendo spostato ne limita la fuoriuscita, gli alberi caduti o marcescenti non sono in posizione eretta, quindi anche le forme orizzontali sono come dire, più naturali, i corridoi di ingresso ad esempio imitano perfettamente il tronco caduto o appoggiato ad un altro albero, i doppi fondi possono trattenere più umidità ed altri accorgimenti come inserire dei rametti di salice fresco, che saranno ridotti in truciolo dai pappagalli stessi o una manciata di sale grosso tra il doppio fondo ed il fondo, assorbe e trattiene umidità.

Ho provato ad usare la torba, sia naturale, scavando dentro grossi salici  che quella acquistata in consorzi agrari, non ho avuto risultati positivi, si secca velocemente e può causare irritazione agli occhi dei nidiacei, specialmente quest’ ultima, credo per qualche sostanza o additivo aggiunto.

I nidi con tunnel d’ ingresso ad L rovesciata, possono imitare i nidi di termitai arboricoli che in natura sono usati da alcune specie di conuri, garantiscono riservatezza, umidità e calore, sono molto spesso usati da parrocchetti e amazzoni, il tunnel inoltre, serve ai giovani una volta involati, come ricovero notturno mentre i genitori sono impegnati a svezzare un’ altra covata.

Le zone aride, desertiche o savane, hanno le caratteristiche opposte chiaramente, costruire un nido per questi uccelli diventa più facile in quanto si possono usare materiali più sottili, l’evoluzione degli uccelli che abitano queste zone si sono adattati a tali condizioni climatiche e sanno sfruttarle al meglio, amano covare sulla tavola nuda senza substrato, tenete presente che questi animali “portano” l’acqua all’interno, sarà nostra cura dunque non far mancare loro la possibilità di bagnarsi, lasciare ad esempio un calopsitte senza vaschetta del bagno è un grosso errore, entrambi i genitori in questo caso, andranno a bagnare le piume del petto e adagiandosi sulle uova trasmettono direttamente l’umidità necessaria.

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Il fondo di questi nidi sarà incavato, una depressione di circa 2cm servirà a tenere raccolte le uova, in natura non esistono tavole levigate, ma normalmente usano nidi di picchi o cavità naturali, modificate da loro stessi, finiscono ad U, lasciare il fondo piatto e nudo è un grosso errore, le uova finiranno negli angoli, con conseguenze che possiamo immaginare.

Questi semplici accorgimenti che analizzando le varie specie che abbiamo possiamo facilmente creare, non ci fanno fare degli errori banali che compromettono la covata.

Altri particolari che sono in entrambi i casi validi sono:

Il nido deve essere solido, fissato saldamente, accessibile e sicuro da predatori, posizionato il più in alto possibile, mimetizzato, in un posto tranquillo,.

Se la coppia riproduttrice si abitua ad una tipologia di nido, ma viene tolto per farla riposare, bisogna rimettere sempre lo stesso nido la stagione successiva, i pappagalli sono molto intelligenti e capiscono che quel sito di nidificazione è sicuro.

La pratica di prelevare i piccoli per allevare a mano, sarà vista come una “predazione”, questo comporta un danno spesso irreparabile per le future riproduzioni.

Per le specie problematiche, quelle che fanno fatica a riprodursi, mettere più nidi e di varie forme può fare la differenza, anche le doppie entrate a volte sono molto importanti, se una coppia rosicchia un angolo creando una seconda via di fuga, questo perché in natura può succedere che entri un serpente arboricolo, ecco che hanno la possibilità di salvarsi, non facciamo l’errore di tappare il buco, lo rifarebbero, anche se modificano il foro d’entrata è segno che lo gradiscono così.
Per altre specie come i parrocchetti dal collare o altri psittacula, per stimolarli alla riproduzione sarà sufficiente tappare il foro d’ ingresso con una tavoletta lasciando una fessura di 1 cm. , ben presto la curiosità e lo stimolo a rosicchiare risulteranno fondamentali.

Dotare i nidi di riscaldatori può rivelarsi molto utile in caso di riproduzione nei mesi invernali o comunque in periodi molto umidi e piovosi, mentre per le riproduzioni in mesi particolarmente caldi, risulta utile praticare precedentemente un foro con una griglia all’ interno in modo da aprire e far circolare l’aria all’ interno, in questo modo evitiamo anche il proliferare di muffe e batteri.

Se una coppia in età riproduttiva non gradisce un nido, dovremmo provare a cambiare posizione o tipo di nido, se invece una coppia riproduce con successo, in caso venga ceduta, sarà necessario spostarla con il loro nido.

Testo e foto Attilio Casagrande.

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